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L. 24.12.2007 n. 244
(Legge Finanziaria 2008) - Novità fiscali in materia di immobili - Novità in materia di IVA, imposte di registro, ipotecarie,
catastali
Di seguito si analizzano le principali novità in materia di imposizione
indiretta gravante sui beni immobili, contenute nella legge Finanziaria 2008.
In merito all’imposizione
indiretta gravante sui beni immobili (IVA, imposte di registro, ipotecaria e catastale), le novità
contenute nella L. 24.12.2007 n. 244
riguardano:
la
proroga, per il triennio 2008–2010, dell’agevolazione di cui all’art. 7 co. 1
lett. b) della L. 23.12.99 n. 488, consistente nell’applicazione dell’aliquota
IVA ridotta (10%), in luogo di quella ordinaria (20%), alle prestazioni di
servizi rese nell’ambito di interventi di manutenzione edilizia aventi ad
oggetto fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata (cfr. § 2.1);
la
previsione della responsabilità passiva del cessionario in relazione ai
trasferimenti di beni immobili soggetti ad IVA effettuati dall’1.1.2008 (cfr. §
2.2);
l’estensione
del “reverse charge” alle cessioni di
fabbricati strumentali effettuate in favore di soggetti passivi IVA con pro rata non superiore al 25%, a partire
dall’1.3.2008 (cfr. § 2.3);
il
declassamento da presunzione legale relativa a presunzione semplice
dell’inferiorità al valore normale del corrispettivo indicato per le cessioni
di beni immobili soggette ad IVA, effettuate prima del 4.7.2006 (cfr. § 2.4);
l’introduzione
di un regime agevolato, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e
catastale, per il trasferimento di immobili siti in piani particolareggiati,
diretti all’attuazione di programmi di edilizia residenziale, comunque
denominati (cfr. § 2.5);
la previsione di una nuova condizione per il
riconoscimento dell’aliquota ridotta (0,25%) dell’imposta
sostitutiva sui mutui contratti per l’acquisto della prima casa, nonché la
regolamentazione del disconoscimento dell’agevolazione (cfr. § 2.6);
la
proroga, fino al 31.12.2008, dell’agevolazione
prevista ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e di bollo per la
formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina (cfr. § 2.7);
la previsione di una Commissione di studio, chiamata ad elaborare la riforma della fiscalità immobiliare (cfr.
§ 2.8).
Di
seguito verrà
fornita un’analisi delle suddette novità, alla luce dei chiarimenti ufficiali
sinora emanati.
2.1 proroga
al 31.12.2010 dell’iva al 10% sulle manutenzioni edilizie
L’art. 1 co. 18 della L.
24.12.2007 n. 244 proroga per il triennio 2008 - 2010 l’agevolazione tributaria disciplinata dall’art. 7 co. 1
lett. b) della L. 23.12.99 n. 488.
Tale agevolazione:
consente
di applicare l’IVA con aliquota ridotta (pari al 10%), anziché con l’aliquota
ordinaria (20%), alle prestazioni di servizi rese nell’ambito di interventi di
manutenzione edilizia (ordinaria o straordinaria) di cui all’art. 31 co. 1
lettere a) e b) della L. 5.8.78 n. 457[1],
eseguiti su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata;
è
stata introdotta per le prestazioni di servizi fatturate nell’anno 2000;
in seguito, è stata oggetto di ripetute proroghe,
l’ultima delle quali, operata dall’art. 1 co. 387 della L.
27.12.2006 n. 296 (Finanziaria 2007), a valere sulle prestazioni fatturate
entro il 31.12.2007.
La L. 244/2007, per la prima
volta, effettua una proroga triennale, estesa alle prestazioni di servizi
fatturate dall’1.1.2008 al 31.12.2010[2].
Si ricorda peraltro che, in
presenza di beni di valore significativo di cui al DM 29.12.99, opera un
meccanismo limitativo in base al quale l’aliquota ridotta (10%) non trova
applicazione rispetto all’intero corrispettivo.
Ai sensi dell’art. 1 co. 19
della L. 244/2007, l’obbligo di evidenziare in fattura il costo della
manodopera viene espressamente previsto, a pena di decadenza dall’agevolazione,
solo in relazione alla fruizione della detrazione IRPEF del 36% per gli
interventi di recupero edilizio e delle detrazioni IRPEF/IRES del 55% per gli
interventi di riqualificazione energetica, mentre non sussiste ai fini
dell’agevolazione IVA in esame.
Di conseguenza, nel caso in
cui sussistano le condizioni per avvalersi di entrambe le agevolazioni (sia
delle detrazioni IRPEF/IRES che dell’aliquota ridotta IVA), sarà comunque
necessaria l’indicazione del costo della manodopera in fattura, ma solo in
relazione all’agevolazione IRPEF/IRES.
Il
punto è stato confermato espressamente dalla circolare dell’Agenzia
delle Entrate 19.2.2008 n. 12 (§ 1.1).
2.2 Solidarietà
passiva iva del cessionario - estensione
In base all’art. 60-bis del DPR 633/72, introdotto dall’art.
1 co. 386 della L. 30.12.2004 n. 311 (Finanziaria 2005), il cessionario
soggetto passivo IVA è solidalmente obbligato al pagamento dell’imposta con il
cedente, qualora quest’ultimo non versi all’Erario l’imposta relativa a
determinate tipologie di beni mobili venduti ad un corrispettivo inferiore al
“valore normale”.
L’art. 1 co. 164 della L.
24.12.2007 n. 244 ha aggiunto al suddetto art. 60-bis il nuovo co. 3-bis, a
norma del quale, “qualora l’importo del
corrispettivo indicato nell’atto di cessione avente ad oggetto un immobile e
nella relativa fattura sia diverso da quello effettivo, il cessionario, anche
se non agisce nell’esercizio di imprese, arti o professioni, è responsabile in
solido con il cedente per il pagamento dell’imposta relativa alla differenza
tra il corrispettivo effettivo e quello indicato, nonché della relativa
sanzione”.
La disposizione citata
prevede una nuova forma di responsabilità solidale del cessionario che:
si
applica in tutti casi di trasferimento immobiliare in cui il corrispettivo
indicato in atto ed in fattura sia diverso da quello effettivamente pagato;
vale
anche quando il cessionario, non agendo nell’esercizio di imprese, arti o
professioni, non risulti soggetto passivo IVA;
obbliga
il cessionario anche al pagamento della sanzione[3],
oltre che al pagamento della maggiore imposta non pagata dal cedente.
2.2.1 Differenze rispetto alla solidarietà
passiva ex art. 60-bis co. 2 del DPR 633/72
La responsabilità solidale
del cessionario nelle cessioni immobiliari, prevista dal nuovo co. 3-bis dell’art. 60-bis del DPR 633/72, è per
vari aspetti differente dalla responsabilità solidale del cessionario
disciplinata dal precedente co. 2 dello stesso articolo. Infatti, la nuova
responsabilità:
riguarda
le cessioni aventi ad oggetto beni immobili, mentre quella di cui all’art. 60-bis co. 2 del DPR 633/72 riguarda solo i
trasferimenti dei beni mobili specificamente individuati con il DM 22.12.2005[4]
(tra gli altri si ricordano gli autoveicoli, i prodotti di telefonia e i personal computer);
scatta
ogni qual volta “l’importo del
corrispettivo indicato nell’atto di cessione avente ad oggetto un immobile e
nella relativa fattura sia diverso da quello effettivo”, mentre quella di
cui all’art. 60-bis co. 2 del DPR 633/72 scatta ogni qual volta, nello
stesso tempo, un bene di cui al DM 22.12.2005 sia ceduto ad un
corrispettivo inferiore al valore normale e il cedente non effettui il versamento
dell’imposta;
si
applica al cessionario in ogni caso, e quindi a prescindere che si tratti o
meno di un soggetto passivo IVA, mentre l’art. 60-bis co. 2 del DPR 633/72 riguarda solo i cessionari soggetti
passivi IVA;
si
applica:
–
sia alla differenza tra l’imposta dovuta in base
al corrispettivo effettivamente pagato e quella computata sul corrispettivo
dichiarato in atto e nelle fatture;
–
sia alla sanzione (in
misura compresa tra il 100% e il 200% dell’ammontare di tale differenza).
La responsabilità di cui
all’art. 60-bis co. 2 del DPR 633/72,
invece, si applica all’intera imposta non versata dal cedente, ma non anche
alla relativa sanzione.
2.2.2 Oggetto della responsabilità del
cessionario
Quando un bene immobile
viene ceduto ad un corrispettivo effettivo superiore a quello indicato
nell’atto notarile di compravendita e nelle fatture, l’Erario può liberamente
scegliere di indirizzare al cedente, oppure al cessionario, l’atto contenente
la richiesta di versare:
la
differenza tra l’IVA applicata al corrispettivo effettivamente pagato e quella
computata sul corrispettivo dichiarato;
nonché
la relativa sanzione, computata su tale differenza, in misura compresa tra il
100% ed il 200% del relativo importo.
Naturalmente, a tal fine
occorre che sia stato adeguatamente provato l’ammontare del corrispettivo
effettivamente pagato dal cessionario e la sua superiorità rispetto a quello
dichiarato.
Qualora poi, oltre
all’occultazione parziale del corrispettivo, sia anche stato omesso il
versamento dell’IVA dovuta in relazione al corrispettivo dichiarato, occorre
distinguere:
il
recupero dell’IVA applicata al corrispettivo indicato nell’atto notarile e
nelle fatture, ma non versata dal cedente, e l’irrogazione della relativa
sanzione (dal 100% al 200% dell’imposta applicata
sul corrispettivo dichiarato ma non versata), che può avvenire esclusivamente
nei confronti del cedente;
il
recupero dell’IVA relativa alla differenza tra il corrispettivo effettivamente
pagato[5]
e quello indicato nell’atto notarile e nelle fatture, e l’irrogazione della
relativa sanzione, che può avvenire, a scelta dell’Ufficio, nei confronti del
cedente o del cessionario.
Per completezza, occorre poi
ricordare che, qualora il cessionario sia un soggetto passivo IVA, in relazione
alla medesima fattispecie si configurano i presupposti per l’applicazione:
delle
sanzioni previste dagli artt. 6 e 13 del DLgs. 18.12.97 n. 471 per la
violazione degli obblighi in materia di documentazione, registrazione e
versamento dell’IVA, applicabili nei confronti del cessionario in forza della
responsabilità solidale prevista dal nuovo co. 3-bis dell’art. 60-bis del
DPR 633/72;
della
sanzione, prevista dall’art. 6 co. 8 del DLgs. 18.12.97 n. 471, appositamente destinata
al cessionario per gli acquisti operati da quest’ultimo con fatturazione
inesistente o irregolare.
Trattandosi di due sanzioni
previste per violazioni diverse, ancorché strettamente collegate, dovrebbe
risultare applicabile la disciplina di cui all’art. 12 co. 1 e 2 del DLgs.
18.12.97 n. 472 (applicazione della sanzione prevista per la violazione più
grave, aumentata da un quarto al doppio). Sul punto, è tuttavia opportuno che
vengano forniti chiarimenti di fonte ufficiale.
Sempre in sede interpretativa,
occorrerebbero chiarimenti volti a precisare in che modo la nuova disciplina
sanzionatoria prevista in materia di “reverse
charge” dal nuovo co. 9-bis
dell’art. 6 del DLgs. 471/97, introdotto dall’art. 1 co. 155 della L. 244/2007,
si contemperi con quella ora accennata.
2.2.3 Regolarizzazione
ostativa alla responsabilità solidale
Il nuovo co. 3-bis dell’art. 60-bis del DPR 633/72 prevede una procedura di regolarizzazione
attraverso la quale il cessionario può
evitare che si configuri nei suoi confronti la responsabilità solidale
in commento.
Ai sensi della disposizione
in esame, infatti, “il cessionario che
non agisce nell’esercizio di imprese, arti o professioni può regolarizzare la
violazione versando la maggiore imposta dovuta entro sessanta giorni dalla
stipula dell’atto. Entro lo stesso termine, il cessionario che ha regolarizzato
la violazione presenta all’ufficio territorialmente competente nei suoi
confronti copia dell’attestazione del pagamento e delle fatture oggetto della
regolarizzazione”.
Quanto alle modalità di versamento,
pur nel silenzio della norma, si ritiene che lo stesso non possa che avvenire
mediante il modello F24.
Allo
stesso modo, ancorché la nuova responsabilità solidale si configuri in capo al
cessionario di beni immobili a prescindere dalla soggettività passiva di
quest’ultimo, sembra che la nuova procedura di regolarizzazione riguardi
unicamente i cessionari che non agiscano nell’esercizio di imprese, arti o
professioni, per i quali non è possibile ricorrere all’autofatturazione ai
sensi dell’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97.
2.2.4 Rapporto
con l’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97
L’ipotesi di responsabilità
solidale del cessionario disciplinata dall’art. 60-bis co. 3-bis del DPR
633/72 riguarda tutte le cessioni aventi ad
oggetto beni immobili che scontino l’IVA, a prescindere dalla circostanza che
in veste di cessionario figuri:
un
soggetto che agisce nell’esercizio di un’impresa, arte o professione, vale a
dire un soggetto passivo IVA;
ovvero
un soggetto che, non agendo nell’esercizio di un’impresa, arte o professione,
non risulti soggetto passivo IVA.
Tuttavia, l’art. 6 co. 8 del
DLgs. 471/97 prevede già l’applicazione di una sanzione amministrativa ad hoc, pari al 100% dell’imposta, con
un minimo di 258,00 euro, in capo al cessionario che, agendo nell’esercizio di
imprese, arti o professioni, acquisti beni con emissione di una fattura
irregolare da parte del cedente.
Per evitare di incorrere
nell’irrogazione di tale sanzione, il cessionario è tenuto, entro il trentesimo
giorno successivo a quello della registrazione della fattura ricevuta, a:
pagare
la maggiore imposta dovuta (non evidenziata nella fattura ricevuta dal
cedente);
presentare
all’ufficio competente nei suoi confronti un’autofattura.
Si ritiene pertanto che, per
i cessionari di beni immobili che siano soggetti passivi IVA, la procedura di
regolarizzazione indicata dall’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97 (autofatturazione)
sia quella valida ad evitare:
l’insorgere
della responsabilità solidale con il cedente in merito alle sanzioni irrogate
dagli uffici ex artt. 6 e 13 del
DLgs. 471/97 per le violazioni degli obblighi in materia di documentazione,
registrazione e versamento dell’IVA relativa alla parte di corrispettivo
occultata;
l’applicabilità
della sanzione amministrativa di cui all’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97.
Si ipotizzi che, in data
15.3.2008, un’impresa immobiliare di costruzione stipuli l’atto notarile di
vendita relativo ad un’unità immobiliare classata come A/3, al corrispettivo di
120.000,00 euro.
In veste di cessionario figura
un privato (non soggetto passivo IVA).
In assenza dei requisiti
necessari per l’applicazione dell’agevolazione “prima casa”, l’IVA si applica
con l’aliquota del 10%.
L’impresa versa nei termini
l’IVA addebitata a titolo di rivalsa al cessionario.
In seguito, l’ufficio,
adducendo idonei elementi probatori circa il corrispettivo effettivamente
pagato, che risulta pari a 150.000,00 euro, procede a recuperare in capo al
cessionario:
l’IVA
dovuta sulla differenza, pari a (150.000,00 – 120.000,00) x 10% = 3.000,00
euro;
la
sanzione, applicata su scelta dell’ufficio nella misura minima, pari a 3.000,00
euro (100% dell’imposta omessa).
Il cessionario, per evitare
di incorrere in tale eventualità, entro il 14.5.2008 deve:
versare
la maggiore imposta (3.000,00 euro);
presentare
all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente nei suoi
confronti:
–
la ricevuta dell’avvenuto versamento
dell’imposta (modello F24);
–
la copia delle fatture oggetto di
regolarizzazione.
2.3 estensione
delle cessioni
immobiliari soggette a “reverse charge”
In base alla nuova lett. a-bis) del co. 6 dell’art. 17 del DPR
633/72, introdotta dall’art. 1 co. 156 lett. a) della L. 24.12.2007 n. 244, il
meccanismo dell’inversione contabile (c.d. “reverse
charge”), di cui all’art. 17 co. 5 del DPR 633/72, si applica anche alle
cessioni di fabbricati strumentali imponibili IVA ex art. 10 n. 8-ter)
lettere b) e d) del DPR 633/72, vale a dire a quelle effettuate, ad un tempo:
in
veste di cedente, da soggetti passivi IVA diversi dall’impresa che ha costruito
o recuperato gli immobili ultimando i lavori non oltre quattro anni prima;
in
veste di cessionari:
–
da soggetti passivi IVA con pro rata di detraibilità superiore al 25%, qualora il cedente
eserciti l’opzione per l’applicazione dell’IVA in atto;
–
ovvero da soggetti passivi IVA con pro rata di detraibilità non superiore
al 25%.
Restano, invece, soggette
all’ordinario regime di imponibilità IVA (fatturazione con addebito dell’imposta)
le cessioni di fabbricati strumentali di cui all’art. 10 n. 8-ter) lettere a) e c) del DPR 633/72,
vale a dire quelle effettuate, in alternativa:
entro
quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento di
recupero, dalle imprese costruttrici o dalle imprese che hanno eseguito, anche
tramite imprese appaltatrici, gli interventi di recupero di cui all’art. 31
co. 1 lettere c), d) ed e) della L. 5.8.78 n. 457[6] (art.
10 n. 8-ter) lett. a) del DPR
633/72);
nei
confronti di cessionari che non agiscono nell’esercizio d’impresa o di arte o
professione e non risultano pertanto soggetti passivi IVA (art. 10 n. 8-ter) lett. c) del DPR 633/72), ivi
comprese le ipotesi di “autoconsumo” di cui all’art. 2 co. 2 n. 5) e 6) del DPR
633/72, vale a dire:
–
la destinazione dell’immobile all’uso personale
o familiare dell’imprenditore o professionista, o comunque a finalità estranee
all’esercizio dell’impresa, arte o professione;
–
l’assegnazione ai soci.
2.3.1 Cessioni
imponibili IVA per opzione del cedente
Per le cessioni di cui
all’art. 10 n. 8-ter) lett. d) del
DPR 633/72, ossia quelle imponibili IVA solo su opzione esercitata dal cedente
nel relativo atto di vendita, l’applicazione del reverse charge era stata già prevista, con effetto dall’1.10.2007,
dal DM 25.5.2007.
L’art. 1 co. 157 della L.
244/2007 ha confermato l’applicabilità del reverse
charge alle cessioni di fabbricati strumentali imponibili per opzione del
cedente fatturate (a titolo di acconto o di saldo) nel periodo compreso tra
l’1.10.2007 ed il 29.2.2008, cioè anteriormente alla data dell’1.3.2008
prevista dallo stesso comma per la decorrenza delle nuove disposizioni in
materia di reverse charge.
2.3.2 Cessioni operate in favore di soggetti passivi con pro rata di detrazione non superiore
al 25%
La novità della L. 244/2007
riguarda quindi l’estensione del reverse
charge alle cessioni di fabbricati (o porzioni di fabbricato) strumentali
poste in essere nei confronti di cessionari, soggetti passivi, con pro rata di detrazione non superiore al
25%. L’ipotesi ricorre, a titolo esemplificativo, allorché in veste di
cessionario figuri un medico, ovvero un istituto di credito.
È opportuno sottolineare
che, in tale ipotesi:
la
cessione sconta l’IVA tassativamente (e non per opzione degli interessati);
come
chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 4.8.2006 n. 27 (§ 1.2), la
percentuale di detraibilità dell’IVA assolta a monte in base alla quale
individuare il regime fiscale della cessione è quella del pro rata dell’anno precedente; qualora non sia possibile
determinare quest’ultimo (es. perché l’attività del cessionario ha preso avvio
nell’anno in cui è stato acquistato l’immobile), la percentuale di detraibilità
viene calcolata in via presuntiva. Nell’atto di compravendita, il cessionario
deve dichiarare se la propria percentuale di detraibilità dell’IVA assolta a
monte sugli acquisti sia o meno inferiore al 25%. Al termine del periodo
d’imposta in cui è avvenuta la cessione (rileva l’atto di compravendita), il
cessionario, se constata che la propria percentuale di detraibilità non è
risultata superiore al 25%, deve comunicarlo al cedente affinché la cessione
sia assoggettata ad IVA (a meno che l’operazione non sia già stata assoggettata
ad IVA per opzione).
Si apre quindi il problema
di disciplinare i casi in cui:
da
un lato, il cessionario abbia dichiarato in atto (es. sulla base di una mera
previsione) di avere un pro rata
superiore al 25%;
dall’altro,
preso atto di tale dichiarazione, il cedente non abbia esercitato in atto
l’opzione per l’applicazione dell’IVA.
Se a fine anno il pro rata del cessionario non risulta
superiore al 25%, l’IVA si rende applicabile per obbligo.
In tale ipotesi, nonostante
il mancato esercizio dell’opzione da parte del cedente, trova applicazione il regime del reverse
charge. Si ritiene che la regolarizzazione che ne consegue non lasci spazio
a conseguenze sanzionatorie; si ricorda che tale regolarizzazione
consta:
per
il cedente:
–
nell’emissione di una nota di credito relativa
alle fatture emesse in esenzione da IVA ex
art. 10 n. 8-ter) del DPR 633/72;
–
nell’emissione della fattura senza applicazione
dell’IVA, ex art. 17 co. 6 lett. a-bis) del DPR 633/72;
per
il cessionario, nell’integrazione della fattura ricevuta, con applicazione
dell’IVA, e nella sua contemporanea registrazione:
–
nel registro IVA dei corrispettivi;
–
nel registro IVA acquisti.
D’altro canto, in tal caso,
il cessionario dovrebbe aver diritto a richiedere il rimborso della differenza
tra:
l’importo
versato a titolo di imposte di registro, ipotecaria e catastale
(complessivamente pari al 10% del corrispettivo) e
quanto
dovuto a titolo di imposte ipotecaria e catastale (complessivamente pari al 4%
del corrispettivo).
L’estensione del regime del reverse
charge alla cessione di fabbricati strumentali effettuata in favore
di soggetti passivi IVA con pro rata
di detraibilità non superiore al 25% opera a decorrere dalle fatture emesse, a
titolo di acconto o di saldo, dall’1.3.2008. Infatti, ai sensi dell’art. 6 del
DPR 633/72:
le
cessioni di beni immobili si considerano effettuate al momento della
stipulazione (co. 1);
tuttavia,
“se anteriormente al verificarsi degli
eventi indicati nei precedenti commi o indipendentemente da essi sia emessa
fattura, o sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo, l’operazione si
considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data
della fattura o a quella del pagamento” (co. 4).
2.4 accertamento
dei trasferimenti immobiliari IVA effettuati prima del 4.7.2006
Ai sensi dell’art. 1 co. 265
della L. 24.12.2007 n. 244, per i trasferimenti di immobili posti in essere
nell’esercizio di imprese prima del 4.7.2006[7], il
valore normale degli immobili (computato in base ai criteri definiti con il
provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 27.7.2007) costituisce una presunzione
semplice. Si ricorda che:
le
presunzioni legali (art. 2728 c.c.) sono fissate dalla legge e dispensano il
soggetto a favore del quale sono stabilite dall’onere di fornire la prova del
fatto da esse desumibile[8];
le
presunzioni semplici (art. 2729 c.c.), invece, non sono stabilite dalla legge e
sono lasciate al prudente apprezzamento del giudice, il quale può sempre
decidere di non ritenerle valide nel caso concreto. Inoltre, il giudice può
considerarle operanti solo ove esse siano “gravi,
precise e concordanti”. Pertanto, spetta alla parte che voglia usufruire
della presunzione addurre gli elementi per provare la presenza dei caratteri
della gravità, precisione e concordanza che consentono di utilizzarla.
Secondo la nuova
disposizione dettata dalla legge Finanziaria 2008, dunque, in relazione ai
trasferimenti avvenuti anteriormente al 4.7.2006, per un corrispettivo
inferiore al valore normale, il giudice tributario potrebbe:
ritenere
che l’inferiorità del valore dichiarato rispetto al “valore normale” non
costituisca elemento sufficiente a giustificare la rettifica;
oppure
ritenere operante la presunzione, a condizione, però, che l’Amministrazione
finanziaria dimostri la sussistenza dei caratteri della gravità, precisione e
concordanza.
La norma, pertanto, pone in
capo all’Amministrazione finanziaria l’onere, in relazione ai trasferimenti
immobiliari effettuati prima del 4.7.2006, di fornire gli elementi di prova per
giustificare la rettifica, in quanto la sola discrasia tra valore normale e
corrispettivo dichiarato potrebbe non essere sufficiente a “convincere” il
giudice tributario.
2.4.1 Accertamento
dei trasferimenti immobiliari IVA a regime
Il fatto che il Legislatore
abbia espressamente rivolto l’applicazione di questa disciplina probatoria ai
trasferimenti anteriori al 4.7.2006 fa presumere che la disciplina generale,
applicabile ai trasferimenti realizzati a partire da tale data, comporti un
regime probatorio differente e meno gravoso per l’Amministrazione finanziaria.
Si ricorda che, secondo
l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate nella circ. 16.2.2007 n.
11 (§ 12.4), le norme sulla rettifica della dichiarazione IVA fondata
sull’inferiorità dei corrispettivi dichiarati rispetto al valore normale[9]
si applicherebbero retroattivamente, in quanto norme procedimentali. Pertanto,
mentre nella precedente circ. 6.2.2007 n. 6 (§ 2.4), con riferimento ai
trasferimenti immobiliari soggetti all’imposta di registro, l’Agenzia delle
Entrate ha individuato nella tutela dell’affidamento del contribuente una causa
ostativa alla retroattività della nuova disciplina introdotta dall’art. 35 co.
23-ter del DL 223/2006 convertito
nella L. 248/2006, la retroattività dell’accertamento basato sul valore normale
è stata ammessa rispetto ai trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA.
L’intento della disposizione
in esame della L. 244/2007 è probabilmente quello di attenuare la severità di
tale disciplina, disponendo norme sull’impianto probatorio dell’accertamento
più rigorose per i trasferimenti effettuati anteriormente all’entrata in vigore
del DL 223/2006.
2.4.2 La disarmonica formulazione dell’art.
54 del DPR 633/72
A norma dell’art. 54 del DPR
633/72, l’inferiorità del corrispettivo rispetto al “valore normale” configura
una presunzione legale di tipo relativo, che pone a carico del contribuente
l’onere di dimostrare che il corrispettivo dichiarato, sebbene inferiore al
valore normale, sia quello effettivamente pagato per la cessione.
Tuttavia, secondo una
diversa linea esegetica, ad un attento esame, la disposizione dettata dalla
legge Finanziaria 2008 non risulterebbe particolarmente innovativa. A ben
vedere, infatti, l’art. 54 co. 3 del DPR 633/72 già dispone che l’Ufficio possa
procedere alla rettifica del valore dichiarato solo “qualora l’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a
quello indicato nella dichiarazione, o l’inesattezza delle indicazioni relative
alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e
diretto, e non in via presuntiva”. Pertanto, il regime probatorio
applicabile all’attività di accertamento condotta in relazione ai trasferimenti
immobiliari anteriori al 4.7.2006 non parrebbe diverso da quello operante per
l’accertamento inerente ai trasferimenti a partire da tale data, a meno di non
ritenere che l’intenzione del Legislatore fosse quella di degradare il valore
normale, per gli atti pregressi, al rango di mero indizio.
Le difficoltà interpretative
qui evidenziate scaturiscono dall’intervento legislativo[10]
che ha modificato l’art. 54 del DPR 633/72, aggiungendo un secondo periodo al
co. 3 di tale articolo. Tale intervento normativo ha comportato un contrasto
tra i due periodi oggi contenuti in tale comma. Appare difficile, infatti,
armonizzare:
il
primo periodo del co. 3 dell’art. 54 del DPR 633/72, il quale in generale nega
la possibilità di procedere alla rettifica solo su base presuntiva, richiedendo
espressamente che l’esistenza di un corrispettivo superiore a quello indicato “risulti in modo certo e diretto, e non in
via presuntiva”[11];
con
il secondo periodo dello stesso comma, dedicato ai trasferimenti immobiliari,
il quale, invece, consente di desumere “l’esistenza
delle operazioni imponibili … sulla base del valore normale”.
I due periodi si armonizzano
solo a condizione di ritenere che il secondo, limitatamente all’ambito dei
trasferimenti immobiliari, deroghi al principio stabilito nel primo.
2.4.3 Rapporto con la normativa
comunitaria
La disarmonica integrazione
normativa dell’art. 54 del DPR 633/72, operata dall’art. 35 co. 2 del DL
223/2006 convertito nella L. 248/2006, solleva dubbi di legittimità anche
rispetto alla sua compatibilità con la disciplina comunitaria dell’IVA, di cui
all’art. 73 della Direttiva 2006/112/CE.
La suddetta disposizione,
infatti, prevede che “per le cessioni di
beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a
77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo
versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte
dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni
direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni”. Invece,
l’applicazione del “valore normale” (definito dall’art. 72 della medesima
direttiva) è prevista solo in specifiche ipotesi, e segnatamente:
l’art.
77 (autoconsumo di servizi);
l’art.
82 (utilizzo dell’oro da investimento per produrre oggetti preziosi);
l’art.
80, che contempla la possibilità, per gli Stati membri, di rideterminare la
base imponibile delle cessioni basandosi sul “valore normale” in alcune ipotesi
di cessioni di beni e prestazioni di servizi, in presenza, però di specifiche
condizioni, (tra le quali si ricorda la necessità che tra i soggetti coinvolti
sussistano “legami familiari o altri
stretti vincoli personali, gestionali, di associazione, di proprietà,
finanziari o giuridici quali definiti dallo Stato membro”).
2.5 nuovo regime dei trasferimenti di immobili
ricadenti in piani particolareggiati
L’art. 1 co. 25 - 28 della
L. 24.12.2007 n. 244 modifica il regime di imposizione indiretta applicabile
agli atti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili (fabbricati, ma
più frequentemente terreni) ricadenti in piani urbanistici particolareggiati
diretti all’attuazione di programmi di edilizia residenziale, comunque
denominati, con particolare riferimento alle ipotesi in cui l’IVA non trovi
applicazione, in quanto l’operazione risulti fuori campo o esente.
In base alle nuove
disposizioni, tali trasferimenti sono assoggettati ad un regime basato
sull’applicazione:
dell’imposta
di registro in misura pari all’1%;
dell’imposta
ipotecaria in misura pari al 3%;
dell’imposta
catastale in misura pari all’1%.
Il Legislatore ha quindi voluto predisporre una disciplina “a regime”,
posto che è intervenuto modificando direttamente le Tariffe allegate,
rispettivamente, al:
DPR
26.4.86 n. 131 (imposta di registro)[12];
DLgs.
31.10.90 n. 347 (imposte ipotecaria e catastale)[13].
2.5.1 Oggetto dei trasferimenti agevolati
In relazione all’art. 33 co.
3 della L. 23.12.2000 n. 388, che prevedeva un altro regime agevolato in merito al trasferimento di immobili siti in piani
particolareggiati approvati, a prevalente edilizia residenziale
convenzionata, l’Agenzia delle Entrate, nella circ. 26.1.2001 n. 6 (§ 1), ha
precisato che l’agevolazione può riguardare sia trasferimenti di fabbricati che
di terreni.
Si ritiene che il nuovo
regime agevolato introdotto dalla L. 244/2007 debba condividere la medesima
impostazione.
2.5.2 Condizioni per l’applicazione del
nuovo regime
Presupposto necessario per
l’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota ridotta dell’1%, in
luogo di quella ordinaria (7% - 8%) è che l’intervento cui è finalizzato il
trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto di
trasferimento.
Si rileva che l’art. 33 co.
3 della L. 388/2000, invece, richiede che “l’utilizzazione
edificatoria dell’area avvenga entro 5 anni dal trasferimento”. In
relazione a tale ultima norma, l’Agenzia delle Entrate, nella circ. 31.1.2002
n. 11, ha chiarito che la condizione può essere ritenuta sussistente allorché,
entro il quinquennio successivo al trasferimento dell’immobile, i lavori di
costruzione siano stati avviati ed esista “un
edificio significativo dal punto di vista urbanistico”, per tale
intendendosi un rustico comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità,
la cui copertura sia stata completata, così come previsto dall’art. 2645-bis co. 6 c.c.
È dunque lecito domandarsi
se l’attuale formulazione normativa possa comportare anch’essa un rinvio
all’art. 2645-bis c.c. Tuttavia, il
riferimento al “completamento” dei lavori sembra far presumere che la nuova
agevolazione possa spettare solo nei casi in cui i lavori siano giunti al
termine. Tale circostanza di fatto potrà al più essere comprovata dalla
denuncia di fine lavori presentata presso l’ufficio tecnico comunale. Sul
punto, è tuttavia opportuno attendere una conferma di fonte ufficiale.
Prima dell’intervento della
L. 244/2007, esisteva già una norma che prevedeva un’agevolazione per il
trasferimento di immobili siti in piani particolareggiati.
IL citato art. 33 co. 3
della L. 388/2000, infatti, aveva stabilito che “ai trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici
particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della
normativa statale o regionale” si applicassero:
l’imposta
di registro in misura pari all’1%;
le
imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (168,00 euro ciascuna).
L’ambito di applicazione
della norma, inizialmente molto ampio, venne successivamente limitato, ad opera dell’art. 36 co. 15 del DL 4.7.2006 n. 223
convertito nella L. 4.8.2006 n. 248, ai soli “trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati,
diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale
convenzionata, comunque denominati, realizzati in accordo con le
amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni
di locazione”.
In pratica, in seguito a
tale modifica, l’agevolazione è rimasta limitata alla sola edilizia
residenziale convenzionata.
Si rileva che, rispetto alla
norma risultante dopo l’intervento dell’art. 36 co. 15 del DL 223/2006, la
nuova disposizione agevolativa introdotta dalla L. 244/2007 presenta alcuni
elementi di differenziazione:
non
si fa più riferimento all’edilizia residenziale “convenzionata”;
non
si fa più riferimento all’attuazione di programmi “prevalentemente” di edilizia
residenziale, peraltro convenzionata;
non
è più richiesto il requisito dell’esistenza di un “accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi
di cessione e dei canoni di locazione”.
Pertanto,
ad un prima lettura, strettamente limitata al tenore letterale della disposizione,
sembrerebbe che,
rispetto al regime agevolativo di cui all’art. 33 co. 3 della L. 388/2000, come
circoscritto nell’ambito di applicazione dall’art. 36 co. 15 del DL 223/2006,
quello introdotto dalla L. 244/2007 comporti un più ampio ambito applicativo,
in quanto riferito anche all’edilizia residenziale non convenzionata.
2.5.4 Effetto dell’abrogazione dell’art.
36 co. 15 del DL 223/2006
L’art. 1 co. 27 della L.
244/2007 ha abrogato il suddetto art. 36 co. 15 del DL 4.7.2006 n. 223
convertito nella L. 4.8.2006 n. 248.
Il Legislatore intendeva
probabilmente abrogare il precedente regime agevolativo, applicabile ai trasferimenti
aventi ad oggetto immobili siti in piani particolareggiati diretti
all’attuazione di programmi di edilizia residenziale convenzionata.
Tuttavia, abrogando la norma
che limitava l’ambito di applicazione dell’agevolazione in parola, il
Legislatore ha ottenuto un effetto del tutto diverso da quello – presumibilmente – voluto, ossia quello di estendere nuovamente
l’ambito di applicazione del vecchio regime agevolato di cui all’art. 33 co. 3
della L. 388/2000 a tutti i trasferimenti di beni immobili siti in aree
soggette a piani urbanistici particolareggiati (anche quelle di edilizia
residenziale non convenzionata o addirittura di edilizia non residenziale). Il
vecchio regime, a stretto rigore, verrebbe a coesistere con il nuovo regime
agevolato previsto dalla legge Finanziaria 2008.
Plausibilmente, si tratta di
una “svista” del Legislatore: la “ratio
legis” del corpus normativo in
commento pare infatti essere quella di sostituire al previgente regime
agevolato di cui all’art. 33 co. 3 della L. 388/2000 (ormai relegato all’ambito
dell’edilizia convenzionata, con prezzi o canoni concordati con le
amministrazioni comunali), la suddetta nuova disciplina “a regime” dei
trasferimenti di immobili siti in piani particolareggiati. Pertanto, si
potrebbe ritenere, con un’interpretazione adeguatrice, che oggetto dell’abrogazione
debba risultare anche (se non solo) l’art. 33 co. 3 della L. 388/2000. Per
porre rimedio allo stato normativo ingeneratosi, risulta quindi opportuno un
nuovo intervento legislativo.
Si ricorda che ai
trasferimenti aventi ad oggetto fabbricati e terreni rientranti in piani di
recupero, di iniziativa pubblica o privata (in quest’ultimo caso, solo se
convenzionati) di cui agli artt. 27 ss. della L. 5.8.78 n. 457, attuati in
favore dei soggetti che realizzano l’intervento di recupero, resta applicabile
il più favorevole regime agevolato introdotto e disciplinato dall’art. 5 della
L. 22.4.82 n. 168, che prevede l’applicazione delle imposte di registro,
ipotecaria e catastale in misura fissa (168,00 euro ciascuna).
2.5.5 Decorrenza del nuovo regime
agevolato
A norma dell’art. 1 co. 28
della L. 244/2007, il nuovo regime agevolato, previsto per il trasferimento di
immobili siti in piani particolareggiati, si applica:
agli
atti pubblici formati dall’1.1.2008;
agli
atti giudiziari pubblicati o emanati dall’1.1.2008;
alle
scritture private autenticate poste in essere a decorrere dall’1.1.2008;
alle
scritture private non autenticate presentate per la registrazione a partire
dall’1.1.2008.
2.6 novità
in materia di imposta sostitutiva per i mutui
2.6.1 Dichiarazione
nell’atto di mutuo del possesso dei requisiti prima casa
Per effetto dell’art. 1 co.
160 lett. a) della L. 244/2007, che ha integrato l’art. 18 co. 3 del DPR
29.9.73 n. 601, a partire dall’1.1.2008, è prevista un’ulteriore condizione per
l’applicazione dell’imposta sostitutiva nella misura dello 0,25% (anziché del
2%) ai contratti di mutuo stipulati per finanziare l’acquisto, la costruzione o
la ristrutturazione della prima casa.
Il mutuatario, infatti, deve
rendere un’apposita dichiarazione attestante che il finanziamento viene erogato
per l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di immobili per i quali
sussistono i requisiti per l’agevolazione
“prima casa” definiti dalla nota II-bis
all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata
al DPR 131/86.
Anteriormente alla modifica
normativa in commento, l’imposta sostitutiva nella misura del 2% si applicava
solo ai mutui contratti per costruire, acquistare o ristrutturare abitazioni in
assenza dei requisiti “prima casa”. In seguito alla modifica apportata dalla L.
244/2007, invece, l’imposta sostitutiva si applica nella misura del 2% anche
qualora, pur in presenza dei requisiti “prima casa”, il mutuatario non abbia
dichiarato la loro sussistenza nell’atto.
Peraltro, si rileva che
l’inserimento di una simile dichiarazione negli atti di mutuo costituiva una
pratica già invalsa nella prassi bancaria e notarile.
2.6.2 Disconoscimento
del diritto all’aliquota ridotta
Il
nuovo co. 4 dell’art. 20 del DPR 29.9.73 n. 601, inserito dall’art. 1 co. 160
lett. b) della L. 244/2007,
prevede inoltre che:
è
il mutuatario (e non la banca) il destinatario dell’eventuale azione
dell’Amministrazione finanziaria volta a recuperare la differenza tra
l’aliquota agevolata (0,25%) e l’aliquota ordinaria (2%), nei casi in cui non
sussista effettivamente il diritto all’agevolazione;
oltre
al recupero della maggiore imposta, l’Amministrazione finanziaria applica una
sanzione nella “misura del 30% della
differenza” tra l’imposta effettivamente corrisposta e l’imposta dovuta.
La nuova norma, infatti,
prevede che l’Agenzia delle Entrate, nei casi di:
decadenza
dall’agevolazione prima casa a seguito di dichiarazione mendace in merito alla
sussistenza delle condizioni richieste per beneficiarne,
ovvero
di cessione dell’immobile prima del decorso del termine di 5 anni
dall’acquisto,
entro tre anni a decorrere
dall’evento in cui si verifica la causa di decadenza dall’agevolazione “prima
casa”[14],
recupera nei confronti della parte mutuataria:
una
somma pari all’1,75% dell’importo preso a mutuo (la differenza tra l’imposta
ordinaria del 2% e l’imposta agevolata dello 0,25%);
la
sanzione, pari al 30% di tale differenza. Si ritiene che tale sanzione possa
essere oggetto di definizione agevolata, ai
sensi dell’art. 16 co. 3 del DLgs. 472/97, in base alla quale “il trasgressore e gli obbligati ai sensi dell’articolo 11,
comma 1, possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari
ad un quarto della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un quarto dei
minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo”.
Pertanto, il contribuente potrebbe regolarizzare la propria posizione
corrispondendo, entro 60 giorni dalla notificazione del provvedimento che
commina la sanzione, una somma pari a poco più dello 0,13% dell’importo preso a
mutuo (1/4 del 30% dell’1,75%).
Lo Studio resta a
disposizione per ogni chiarimento.
Cordiali saluti
Breno, 25/3/2008
Studio Ducoli
[1] Il cui contenuto è stato trasfuso nell’art. 3 co. 1 lettere a) e b) del DPR 6.6.2001 n. 380 (Testo unico in materia edilizia).
[2] Finora, le proroghe erano state annuali o, in taluni casi, infrannuali. Si ricorda che la presente proroga, così come la reintroduzione dell’agevolazione in sede di conversione del DL 4.7.2006 n. 223 nella L. 4.8.2006 n. 248, è stata resa possibile dall’emanazione della direttiva europea 14.2.2006 n. 2006/18/CE, che ha prorogato fino al 2010 il regime dell’IVA agevolata sui servizi ad alta intensità di manodopera.
[3] La sanzione è compresa tra il 100% ed il 200% dell’imposta non assolta, come disposto dall’art. 6 co. 1 del DLgs. 18.12.97 n. 471.
[4] Emanato in attuazione dell’art. 60-bis co. 1 del DPR 633/72.
[5] Il presupposto per l’applicazione della maggiore imposta (e della sanzione) è costituito dal divario tra il corrispettivo pattuito e quello “effettivo”. Sembra che la responsabilità del cessionario per i trasferimenti immobiliari possa sorgere solo ove l’Amministrazione sia effettivamente in grado di fornire ulteriori elementi tali da dimostrare la divergenza tra corrispettivo dichiarato e corrispettivo effettivamente pagato per il trasferimento immobiliare. Pertanto, non sembra che l’Amministrazione finanziaria possa ravvisare nel “valore normale”, determinato in base alle disposizioni del provvedimento Agenzia delle Entrate 27.7.2007, il “valore effettivo” indicato dal nuovo co. 3-bis della disposizione in esame, individuando in base ad accertamenti di tipo presuntivo lo scostamento tra corrispettivo effettivo e corrispettivo dichiarato. Sul punto, tuttavia, sono opportuni chiarimenti di fonte ufficiale.
[6] Ora trasfuso nell’art. 3 co. 1 lettere c), d) ed f) del DPR 6.6.2001 n. 380 (Testo unico in materia edilizia).
[7] Data di entrata in vigore del DL 4.7.2006 n. 223.
[8] Le presunzioni legali possono essere “relative” o “assolute”, a seconda che ammettano o meno la prova contraria da parte del soggetto contro cui sono usate.
[9] Ai sensi dell’art. 54 co. 3 del DPR 633/72, come modificato dall’art. 35 co. 2 del DL 4.7.2006 n. 223 convertito nella L. 4.8.2006 n. 248.
[10] Operato dall’art. 35 co. 2 del DL 223/2006 convertito nella L. 248/2006.
[11]
Peraltro, anteriormente alla
modifica apportata dal DL 223/2006, la giurisprudenza consentiva la rettifica
su base presuntiva solo in presenza di elementi presuntivi chiari, precisi e
concordanti. Si veda, tra le tante, Cass. 13.1.2006
n. 641.
[12] Ultimo periodo dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 26.4.86 n. 131, inserito dall’art. 1 co. 25 della L. 244/2007.
[13] Art. 1-bis della Tariffa annessa al DLgs. 31.10.90 n. 347, come integrato dall’art. 1 co. 26 della L. 244/2007.
[14] In merito al termine decadenziale per l’azione di disconoscimento dell’agevolazione prima casa, si veda la circ. Agenzia delle Entrate 14.8.2002 n. 69.